БЛОГ

Cuocere la ceramica: le migliori tecniche e tipologie per una cottura ottimale


L’arte della ceramica e la sua scoperta hanno un’origine antichissima, risalente persino al periodo preistorico (il neolitico a essere più precisi). Infatti i manufatti più vecchi mai scoperti dall’uomo (ritrovati nello specifico in Cina) sono stati datati intorno al 15.000 a.C. e anche oltre, evidenziando come la lavorazione dei composti di argilla abbia caratterizzato la vita dell’uomo molto presto.

L’etimologia del nome ceramica deriva dal greco antico κέραμος, traducibile come argilla o creta, ma più in generale si riferisce a un composto di materiali inorganici presenti in natura e privi di parti metalliche, capaci di consolidarsi per effetto del calore. L’argilla in sé è facilmente malleabile grazie alla presenza di acqua che la contraddistingue e che ne sottolinea la plasticità. Una volta asciutta in seguito a processo di essiccazione diventa rigida ma fragile e solo un processo di cottura è capace di conferire robustezza: il risultato finale è ciò che definiamo ceramica.

Nella tradizione l’argilla veniva prelevata dai letti di fiumi o dalle cave, battuta e depurata per poi essere lavorata manualmente, tramite tornio (la ruota del vasaio) o tramite stampo (soprattutto se l’argilla è molto liquida), ora l’impasto può essere creato anche artificialmente per ottenere miscele particolari in grado di originare la porcellana.

I passaggi successivi alla lavorazione e modellazione della terra argillosa sono l’essiccazione e la cottura, che concludono il processo di creazione. Cuocere la ceramica in particolare è il passaggio più delicato e fondamentale perché conferisce una forma stabile e resistente al manufatto a patto di aver seguito alla perfezione le diverse fasi, con picchi di temperatura che vanno dai 900° ai 1400° gradi, per le quali poter usufruire di un forno di ultima generazione potrebbe fare la differenza.

ABC della ceramica: tipologie, composizione e prodotti

Va specificato anzitutto che sono molteplici le tipologie di ceramiche (e ancor di più i prodotti finali), ma nel complesso sono suddivisibili in due gruppi: le ceramiche a pasta compatta e quella a pasta porosa. 

  • La tipologia a pasta compatta comprende porcellane e gres, è caratterizzata da bassa porosità, notevole inscalfibilità e da una buona impermeabilità.
  • La tipologia a pasta porosa, ovvero terracotta, terraglia e maiolica, sono ovviamente porose e meno resistenti, tendendo quindi ad assorbire i liquidi.

Come già detto, l’argilla ha origine in natura: si forma dall’azione erosiva e dal successivo trasporto di sedimenti sciolti che arrivano solitamente a concentrarsi principalmente in acqua (fiumi, laghi, ecc). La colorazione con cui può essere trovata varia fra verde, rosso, ocra, bruno, bianco e grigio, dipende dalla differente percentuale fra gli elementi che la compongono: feldspati di vario genere, sabbia, ferro, allumina (ossido di alluminio) e quarzo, un insieme davvero articolato di sostanze. In ogni caso tale caratteristica non influisce sul colore finale del prodotto lavorato una volta che si arriva al momento di cuocere la ceramica.

In questo composto è la struttura dei fillosilicati, unita all’acqua, a rendere il materiale plastico e facilmente lavorabile per la realizzazione di numerosi prodotti utili per molteplici ambiti:

  • Tegole, piastrelle e laterizi per l’industria edilizia.
  • Sanitari per i bagni.
  • Componenti per motori e turbine nei settori meccanico e aeronautico.
  • Padelle con rivestimento in ceramica (antiaderenti e senza il rischio di rilascio di materiali nocivi come avviene col Teflon).
  • Vasi e prodotti artigianali di vario genere e fattura.

Prima di cuocere la ceramica: selezione e preparazione dell’argilla, lavorazione ed essiccazione

L’argilla che possiamo trovare in natura per produrre la ceramica non è ovviamente già pronta per essere modellata ma necessita di una serie di passaggi a prescindere dal composto. In genere vengono utilizzati tre tipi di argilla:

  • Il caolino, refrattante e caratterizzato da bassi livelli di plasticità (ideale per la porcellana).
  • Argilla sabbiosa, caratterizzata da un elevato grado di plasticità.
  • Argilla refrattaria, molto resistente al fuoco.

A prescindere dal tipo di argilla, quest’ultima deve essere ripulita dalle impurità tramite stagionatura e successiva lavatura in acqua, utile a disperdere i sali solubili. In seguito si interviene con un secondo passaggio di pulizia per eliminare le ultime impurità e i grani più grossi. Solo dopo aver “depurato” il materiale è possibile incominciare a impastarlo per renderlo più compatto e per rilasciare le eventuali bolle d’aria, un passaggio molto importante per evitare la formazione di crepe e altre imperfezioni. In alcuni casi viene infine aggiunta anche una polvere derivante da macinazione di ceramica, perfetta per rendere il prodotto più resistente agli sbalzi di temperatura nel forno.

Con l’impasto bello pronto non rimane che modellarlo secondo la propria creatività o la propria necessità. Prima dell’avvento del tornio e di altre tecniche i manufatti erano realizzati unicamente a mano libera, ma le possibilità aperte dalle diverse lavorazioni hanno permesso di creare oggetti sempre più belli e sofisticati.

  • Modellazione a colombino: prevede dapprima la formazione dei cosiddetti colombini (lunghi cilindri di argilla stesi con le mani) i quali vengono poi arrotolati uno sopra l’altro per formare vasi o ciotole.
  • Modellazione a lastre: dal blocco di argilla si tagliano delle lastre che vengono stese col mattarello e successivamente tagliate a stampo o unite fra loro.
  • Modellazione al tornio: lavorazione ideale per il vasellame, consiste nell’usufruire di un piatto con supporto girevole attivabile tramite pedale. Ponendo il panetto di argilla al centro dell’asse di rotazione è possibile modellare con precisione utilizzando le mani mentre il tornio gira. Apprezzato soprattutto dal pubblico femminile poiché ricorda la celebre scena del film Ghost.
  • Modellazione a stampo: il primo passaggio di questa lavorazione consiste nell’allestimento di uno stampo in gesso entro cui colare l’argilla liquida in attesa della sua essiccazione, rifinitura e quindi della cottura.

Il tipo di modellazione effettuata non può prescindere dal passaggio dell’essiccatura prima di procedere con il forno. Garantire un processo omogeneo e uniforme, in cui l’umidità residua viene completamente dispersa, significa conferire maggior durevolezza all’oggetto in lavorazione, oltre al fatto che viene fissata la forma definitiva dello stesso.[/vc_column_text][vc_column_text]

Sei alla ricerca del forno ideale per la cottura della ceramica?

CONTATTACI

Cuocere la ceramica: conoscere i cicli per un risultato ottimale

Come già ribadito più volte, la cottura della ceramica è il processo conclusivo che definisce il prodotto finale in ogni sua caratteristica. Se nei tempi antichi era necessario costruire delle fornaci appositamente pensate per questo materiale, ora sul mercato è possibile trovare forni di ultima generazione a gas o elettrici che consentono un controllo superiore in ogni momento della cottura.

La progettazione e il controllo del ciclo di cottura (che dura molte ore) sono infatti fondamentali per evitare eventuali danni causati da sovracottura o sottocottura: nel primo caso si ha una vetrificazione eccessiva con conseguente formazione di bolle e deformazione dell’oggetto, nel secondo caso non avviene la fase vetrosa e ne risulta un oggetto troppo fragile. Le temperature in genere vanno ben oltre i 1000° gradi e il picco massimo varia in base al tipo di argilla, così come si diversificano le curve di crescita e decrescita, che devono essere sempre graduali e pre-impostate in maniera precisa. Ecco una breve lista di punti cottura ideali per diversi tipi di argilla:

  • Terracotta — tra i 960° e i 1030° gradi.
  • Terraglia — tenera tra i 960° e i 1070° gradi, dura tra i 1050° e i 1150° gradi.
  • Gres – tra i 1200° e i 1300° gradi (si tratta di un materiale dalla forte vetrificazione e impermeabilità).
  • Porcellana – tenera tra i 1200° e i 1300° gradi, dura tra i 1200° e i 1300° gradi (la seconda prevalentemente per uso industriale).
  • Ceramica High-Tech – tra i 1400 e i 1700° gradi grazie all’aggiunta di caolino e allumina.

Cuocere la ceramica vuol dire attuare un processo irreversibile ma necessario per ottenere la durezza e resistenza che un oggetto in argilla solo essiccata non potrebbe mai avere. Le fasi del processo avviano infatti un profondo cambiamento della struttura molecolare e costitutiva dell’argilla, sintetizzabile nei momenti della disidratazione e vetrificazione.

  • Fra la temperatura ambiente e i 200° evaporano le molecole di acqua residua dell’impasto.
  • Fra 250° e 350° avviene la combustione dei materiali organici.
  • Fra 450°C e 850°C avviene la decomposizione dei minerali.
  • A 800° avviene la decomposizione dei carbonati e l’ossidazione dei solfuri.
  • Sopra i 1000°, in base al tipo di argilla, si fondono i feldspati e avviene la vetrificazione.

La conoscenza di queste dinamiche fisiche e chimiche è imprescindibile per chi è in procinto di lavorare la ceramica: significa avere ben chiaro in mente quale risultato finale si vuole ottenere, che sia terracotta o porcellana. E di conseguenza significa anche sapere come muoversi nella lavorazione prima della cottura, agendo nella maniera più ottimale possibile all’obiettivo.

Vuoi maggiori informazioni sulle tipologie e tecniche di cottura della ceramica?

CONTATTACI